giovedì 18 giugno 2015

Mustang


Il cinema non è un paese per donne, l’ho già scritto tante volte in questo blog.
E spesso e volentieri (purtroppo), nemmeno questo mondo è un paese per donne.
Quindi ben vengano film scritti e diretti da donne sulla storia di donne che resistono: alla stupidità delle persone che le circondano, ai dettami di leggi assurde, alle regole imposte da religioni o da autorità (maschili) che si credono al di sopra delle vite umane e del loro valore.
Ieri sera ho visto un fim bellissimo, Mustang, di Deniz Gamze Ergüven, il coup de cœur della Quinzaine des Réalisateurs all’ultimo Festival di Cannes (ne parlavano tutti!), che tratta con coraggio di questi scomodi argomenti.


In un villaggio nel Nord della Turchia affacciato sul Mar Nero, è l’ultimo giorno di scuola.
Cinque sorelle si buttano in acqua per festeggiare l’arrivo dell’estate ma hanno la malaugurata idea di farlo insieme a dei compagni di classe. Non hanno neppure il tempo di tornare a casa: si è già sparsa la voce che sono cinque poco di buono. La nonna che le ha allevate (le ragazze sono rimaste orfane) decide, d’accordo con un altro figlio, che per lavare l’onta bisogna sistemarle tutte al più presto (o almeno quelle vagamente in età da marito). La grande casa di legno in cui le ragazze vivono si trasforma in una vera e propria prigione, con sbarre, vestiti informi da indossare e la decisione di non mandarle neppure più a scuola all’arrivo dell’autunno. Ma la nonna e lo zio, per fortuna, non hanno fatto i conti con il desiderio di vita e di ribellione delle cinque ragazze.

La regista franco-turca Deniz Gamze Ergüven, che ha scritto il film con Alice Winocour (a sua volta regista: Augustine e Maryland), ci presenta cinque ragazze come se fossero un unico corpo a cinque teste, un bellissimo mostro marino sorto dagli abissi dell’ignoranza imperante, pronto a mangiarsi tutto quello che incontra sul suo cammino. Belle, giovani, vitali, sensuali, intelligenti, sveglie, desiderose di divertirsi e di esprimersi come meglio credono, le nostre cinque eroine dovranno scontrarsi con un altrettanto potente mostro: il mondo meschino che le circonda.
Fa strano, bisogna ammetterlo, che al posto del “solito” Iran o Afghanistan, ci sia, come paese retrogrado e vile, un luogo non lontano da noi e che non siamo abituati a considerare come tale.

Ma evidentemente, Istanbul non è la Turchia, e il resto del paese sembra essere ancora dominato, purtroppo, da una mentalità maschilista ed abbietta.
E’ incredibile come ancora oggi, anno 2015, la repressione passi soprattutto attraverso la gestione della sessualità. Che viene demonizzata, negata, svilita, mentre l’onore assurge a valore assoluto e la verginità diventa oggetto di scambio: questa ragazza vale perché è vergine e te la posso dare in sposa (salvo poi precipitarsi in ospedale la prima notte di nozze perché l’imene è rimasto intatto e sul lenzuolo non c’è sangue).
Ad ogni modo, nonostante i tanti momenti drammatici, quello che rimane appiccicato addosso di questo film è l’irriverenza e la voglia di sana ribellione delle ragazze, soprattutto di quella più piccola (che è anche la più agguerrita): la mitica Lale, 12 anni.
E’ lei la vera anima del gruppo: lei che vuole andare a vedere a tutti i costi la partita di pallone, che vuole imparare a guidare, che non vuole mettersi i vestiti color merda, che non vuole che le sorelle si sposino con degli sconosciuti, che sputa nel caffé che è costretta a preparare, e che vuole fuggire a Istanbul, costi quel che costi, anche con delle ciabatte di pelo ai piedi. 
Il suo faccino felice da piccola peste, mentre la meravigliosa musica del Bad Seed Warren Ellis invade lo schermo (ormai le sue colonne sonore con Nick Cave stanno diventando dei gran classici), ci lascia sperare il meglio per il futuro dell’umanità.
Sarà dura ma ce la possiamo fare, ragazze. Lanciamo la Mustang a tutta velocità! 

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